Nonostante l’atmosfera delicata, che ricorda una casa delle bambole, con tonalità pastello e scaffali foderati di bei barattoli di vetro, tutto è esagerato alla “Bottega di Cocò”.
L’aroma: di cose buone che escono dal forno, che va oltre la porta della strada e, a qualsiasi ora del giorno, travolge i pedoni ignari.
I biscotti: tra i migliori della città, con una quantità di burro che probabilmente è considerata illegale in alcune parti del mondo.
Il panino al parmigiano: apparentemente innocuo, piccolo e bianco, ma è praticamente un pezzo di formaggio sotto mentite spoglie.
Tutto è troppo in quel posto. Ma è “troppo”, come deve essere; un “troppo” che sfida il politicamente corretto delle cucine – leggero, in forma, senza questo o quello – e recupera sapori e aromi di altri tempi. Quando, in cucina, si preparavano solo cose semplici e deliziose – se no, era meglio non entrarci.
Quindi, lunga vita alla Bottega di Cocò, questo portale temporale verso un passato gustoso, quando un po’ di burro in più era meglio di un po’ di meno.