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10/09/2021
14:54
Bologna, Italia
10/09/2021
14:54

Giudicare il cibo dall’etichetta

Dá para julgar um alimento pelo rótulo?

Chi determina cosa servire nei nostri piatti ogni giorno? Le nostre scelte riflettono esclusivamente le preferenze individuali o sono furtivamente influenzate dagli interessi di settori dell’industria alimentare?

Di fronte a una crescente consapevolezza da parte dei consumatori dei rischi legati a una dieta basata su cibi ultra-processati e, dall’altra parte, dei potenziali benefici (in termini di salute e gusto) legati a fattori come le certificazioni di origine, l’agricoltura sostenibile e la produzione artigianale, sorprende che recentemente sia sorta in Europa una proposta di etichettatura alimentare che avvantaggerebbe i cibi industrializzati a scapito di prodotti che, oltre a essere pilastri della dieta in alcuni paesi, sono creati seguendo metodi centenari che intrinsecamente comportano un minore livello di processazione degli alimenti.

Concepito in Francia, il “Nutri-Score” (soprannominato “semaforo degli alimenti”) è un progetto di etichettatura nutrizionale con una scala di colori dal verde al rosso, legata ai voti da “A” a “E”, da integrarsi alla parte frontale della confezione di tutti i prodotti messi in vendita.

Il criterio di assegnazione del punteggio considera 100g di un certo alimento, analizza la percentuale di “contenuto benefico” come fibre, verdure e frutta rispetto agli elementi “nocivi” come zuccheri, sali e grassi. Il responsabile del calcolo è un algoritmo.

Questa valutazione, tuttavia, lascia da parte caratteristiche come il grado di manipolazione (in altre parole, se è ultra-processato o meno), la presenza di elementi nutrizionali come vitamine e minerali nonché la dimensione di una porzione standard.

Stante questo metro di giudizio, alcuni risultati attirano sicuramente l’attenzione: la Coca-Cola Zero ottiene un voto B, mentre l’olio d’oliva, pilastro fondamentale della dieta mediterranea e la principale fonte di “grassi buoni”, ottiene un voto C. Lo stesso punteggio è attribuito sia a un sacchetto di patatine fritte – facilmente divorabile per intero – che a un vasetto di marmellata alla frutta senza zuccheri aggiunti – mi chiedo: quante persone si mangiano marmellata a cucchiaiate fino a quando il barattolo è finito?

I sostenitori di tale metodo, tuttavia, sostengono che il Nutri-Score non dovrebbe essere usato per fare confronti astratti, ma per stimolare una scelta informata tra prodotti di una stessa categoria. Così, per esempio, quando qualcuno vorrà comprare qualcosa da bere, ci si troverà davanti: acqua (voto A), bibite senza zucchero (voto B) e bevande zuccherate senza frutta (voto E).

Le grandi multinazionali produttrici di alimenti industriali e parte della comunità scientifica sono a favore del sistema, che è già stato adottato in Francia, Belgio, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Svizzera.

L’Italia, invece, si è opposta all’adozione della misura. Qua, pochi argomenti sono più seri del cibo. Fieri di una cucina ammirata in tutto il mondo, gli italiani difendono – con il sostegno di molti esperti del settore – che la dieta mediterranea, patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 2010, è una delle chiavi per una vita lunga e sana.

Secondo “Nutri-Score”, tuttavia, alcuni dei prodotti gastronomici italiani più rappresentativi, come l’olio d’oliva, il Parmigiano Reggiano e il Prosciutto di Parma dovrebbero essere evitati.

I principali critici (che in Italia vanno dai partiti di tutto lo spettro politico a produttori e scienziati) sostengono che dal momento in cui l’etichetta non fornisce dati sulle quantità giornaliere raccomandate, non sarebbe in grado di educare i consumatori a fare scelte consapevoli che tengano conto di una dieta globale.

I modelli che evidenziano le porzioni standard e le quantità suggerite, tuttavia, sono stati sostituiti in tutto il mondo con un’etichettatura più semplice e diretta, come in America Latina: Cile (il primo, nel 2017), Perù e Uruguay hanno adottato un’etichetta ottagonale nera con scritte bianche che indicano “alto livello di zuccheri”, “alto livello di grassi saturi”, “alto livello di sodio” e “alto livello di calorie”.

Sulla stessa linea, l’organo brasiliano Anvisa ha approvato, lo scorso 7 ottobre, una nuova regola che determina che, sulla parte frontale dei pacchetti, ci deve essere una lente d’ingrandimento che identifica l’alto contenuto di zuccheri aggiunti, grassi saturi e sodio. La proposta di aggiungere dei bollini (neri, triangolari) con avvertenze simili a quelle di altri paesi è stata però respinta.

Al di là dei dibattiti nutrizionali, i sistemi di etichettatura non sono neutrali e influenzano significativamente la scelta dei consumatori – e la vendita di certi prodotti – enfatizzando determinate informazioni. Quali? Tutto dipende dal risultato di un processo politico che è fortemente influenzato dai settori direttamente interessati.

Vale la pena ricordare l’enorme ripercussione del caso brasiliano relativo al sigillo indicante cibi transgenici, che è ancora in fase di analisi: forte è la pressione dell’industria e dei settori agricoli a favore della sua rimozione e, dall’altra parte, la società civile e membri della comunità scientifica si battono per il suo mantenimento.

Tornando all’esempio dell’Italia, l’adozione di un sistema che etichetta, a priori, il cibo come “buono” o “cattivo”, potrebbe avere un impatto negativo su una delle maggiori fonti di reddito per l’economia italiana, l’esportazione di prodotti alimentari.

Andando oltre, un’altra possibile conseguenza dell’adozione del Nutri-Score in Europa per il nostro paese è incoraggiare il consumo di prodotti industrializzati – come l’insolito “latte di piselli” – a scapito di alimenti che finora hanno fatto parte della tradizione culinaria e gastronomica della nazione.

I latticini, l’olio d’oliva e i salumi, già sottoposti a controlli di qualità molto elevati e in molti casi protetti da indicazioni geografiche – come IGP, DOP – che dipendono da criteri ancora più severi, sono elementi fondamentali della dieta italiana e, in un paese in cui la cucina è uno degli aspetti più rilevanti dell’identità del suo popolo, un’interferenza esterna nelle scelte di cosa mangiare e cucinare può essere considerata estremamente invasiva, con conseguenze a lungo termine molto gravi per la cultura locale e il concetto stesso di cibo italiano.

Fino al verdetto dell’Unione Europea, previsto per il 2022, quando una decisione sull’obbligatorietà di tale misura sarà presa a livello europeo, ogni parte cercherà di difendere la sua posizione.

Il dibattito, tuttavia, è universale e dovrebbe partire dal presupposto che nessun sistema di etichettatura alimentare è neutrale o perfetto.

Infine, tornando alla domanda iniziale, la scelta di cosa mettere a tavola ogni giorno è spesso influenzata da fattori esterni. Sta al consumatore essere informato, al di là delle etichette, per scegliere ciò che gli fa veramente bene. Mangiare dovrebbe essere anche un atto di resistenza.

Articolo originale, in portoghese, su: https://gamarevista.uol.com.br/estilo-de-vida/comida-bebida/da-para-julgar-um-alimento-pelo-rotulo/