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15/09/2021
11:56
Bologna, Italia

Il cugino sconosciuto della mortadella

salame rosa

L’immagine dell’Emilia Romagna nel mondo è cambiata notevolmente negli ultimi anni. Elementi come il riconoscimento, nel 2015, di Parma come patrimonio culturale dell’UNESCO per la gastronomia; le successive premiazioni dell’Osteria Francescana (di Massimo Bottura) come ristorante numero uno al mondo; e serie televisive come “Master of None” ambientata a Modena, hanno contribuito a fare  diventare la regione, da luogo di passaggio nelle rotte turistiche classiche, a punto di riferimento internazionale per il turismo gastronomico.

Altra conseguenza del crescente interesse verso la tradizione e la culinaria locali è stata la riscoperta di alcuni prodotti tipici che stavano per perdersi.

Il “salame rosa” è uno di questi prodotti.

Tipico salume di Bologna, il suo sapore è allo stesso tempo marcante – ricorda l’arrosto di maiale – e delicato, poiché relativamente magro.

A prescindere dal nome, non si tratta di un vero salame (fatto con carne cruda stagionata e cubetti di grasso nitidamente identificabili), ma da una via di mezzo tra un prosciutto cotto di ottima qualità e la sua famosa cugina, la mortadella.

Alcuni dettagli delle ricette di ogni produttore possono variare, ma la base è una miscela di carni magre di maiale – tagli che, quando cotti, mantengono la colorazione rosea – tagliate in “in punta di coltello” e poi mescolate, sempre con le mani, a pezzi di grasso (come il guanciale) e condite con sale, pepe e aglio. Una volta mescolato, l’impasto è quindi introdotto nell’involucro che lo proteggerà e il prodotto è cotto in un forno secco per circa 15-24 ore.

Anche se gli ingredienti e il metodo di cottura sono molto simili a quelli della mortadella, la principale differenza risiede nella texture: se in quest’ultima tutte le carni sono tritate e la consistenza è omogenea, nel salame rosa esiste un mosaico di colori e consistenze.

Ma, torniamo alla sua storia: il “rosa” ha attraversato alti e bassi di  popolarità. Fino alla metà del XX secolo era molto conosciuto, così come la mortadella. Tuttavia, a causa delle difficoltà di produzione – artigianale e senza l’ausilio di macchinari – l’offerta è venuta diminuendo, lasciando spazio ai salumi industriali e di qualità inferiore.

Fino a pochi anni fa, era effettivamente difficile trovarlo: il numero di produttori si contava sulle dite di una mano, era venduto soltanto in pochi negozi specializzati e raramente figurava sui taglieri di bar e ristoranti.

Ecco che (ri)scoprire prodotti rari e genuinamente locali è diventata quasi un’ossessione e il salume più antico di Bologna è tornato di moda.

Oggi, ha spazio in molti menu della città e grandi marchi di salumi hanno iniziato a produrlo.

Come una band che era stata dimenticata e, all’improvviso, torna ad essere pop, la gioia di vedere tale cugino della mortadella competere per lo spazio con la sua parente famosa è innegabile – una meritata conquista – ma è necessario aprire gli occhi: la produzione, interamente fatta a mano nel passato, oggi è in gran parte semi-industrializzata, di qualità inferiore.

Affinché il ritorno del salame rosa sia definitivo e non soltanto una nuova onda che a breve passerà, è necessario che sia collegato all’alta qualità. Prodotti banali possono soddisfare la curiosità, ma grandi prodotti fanno innamorare la gente e chi si innamora del salame rosa non lo dimenticherà mai.